L’haute couture costruisce un suo tempo. Un tempo proprio che è riflesso di quelli che sono i processi che la couture obbliga nella sua realizzazione. Non è un tempo rallentato, è un tempo diverso, operoso, che muove in un doppio movimento memoria e immaginazione. La couture procede all’interno di una liturgia, in cui il passato si inserisce a ogni pulsazione di presente. Nell’atelier non esiste il cartamodello perché la forma disegnata diventa abito che è impronta, calco dell’unicità di un corpo. Maria Grazia Chiuri porta avanti un’idea di haute couture assoluta. Nella collezione Dior haute couture autunno-inverno 2023-2024 troviamo fogge che ossessivamente affinano quelli che potremmo chiamare gli archetipi delle forme del vestire. La tunica. Il peplo. La cappa. La stola. È in questo andare alle origini che si colloca l’incontro tra Chiuri e Marta Roberti, l’artista che con il suo lavoro riesce a trasformare la grande scatola in cui si svolge la sfilata in una sorta di galleria d’arte. “Ho studiato le iconografie delle varie dee che quasi sempre sono associate agli animali e mi sono riprodotta imitandone le posture, dapprima in modo performativo ho ricalcato con il mio corpo le loro pose e i movimenti incarnando quella estraneità fino ad appropriarmene”. Nelle parole di Roberti che fa diventare il suo corpo calco di quello delle dee – le disegna e si disegna – Chiuri ritrova il gesto poetico della couture in cui l’abito è incarnazione di quel corpo che lo farà suo. La teoria degli abiti che compongono una sequenza in cui l’incedere delle modelle è simile a quello di tutte le dee che hanno governato e governano il mondo è ieratica. Silhouette verticale, calzature piatte. I colori sono il bianco, il beige, l’argento, l’oro chiaro. Una forma declinata in giacca e in cappotto si struttura nella ripresa delle pieghe fermate sotto il seno, evocazione vestimentaria della statuaria classica, rimando alle scanalature delle colonne. Le perle, simbolo di purezza, sono protagoniste di molti ricami. Intrecciate insieme a fili d’argento mandano bagliori madreperlacei. Le texture brillanti degli anni Sessanta, riattivate, interpretano gonne lunghe e abiti. Lane, cachemire, grisaglie maschili sono materia importante. Una cape simile a un paramento sacro, a volte incrostata dal ricamo, si appoggia su molti outfit. Il plissé è protagonista assoluto di abiti spettacolari, ma diventa anche manica di giacche maschili. Mantenere vivo il culto della dea, interpretare la parata della collezione come un rituale contemporaneo è celebrazione di un’idea di femminile forte e fragile, che sostiene e trattiene la comunità che siamo: non dimentica il passato, ci guida verso una visione del futuro fondata sulla cura e la consapevolezza.
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Le Fashioniste di InVoga Magazine
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